È importante evidenziare che la quota di legittima non va calcolata sul valore del patrimonio del defunto al momento della morte, ma sul valore risultante dalla seguente operazione: valore del patrimonio - valore dei debiti del defunto + valore delle donazioni in vita (alla data di apertura della successione).
La successione “necessaria”: i diritti dei legittimari

        Il nostro ordinamento riserva a determinati soggetti legittimari (coniuge, figli e ascendenti del defunto), una quota di eredità, legittima, della quale non possono essere privati per volontà del defunto, sia stata questa
espressa in un testamento o eseguita in vita mediante donazioni. Il testatore, pertanto, può liberamente disporre solo della quota che la legge non riserva a questi soggetti, ovvero la quota disponibile.
Le tipologie di testamento

        Il nostro ordinamento prevede tre diverse tipologie di testamento ordinario:

  • il testamento pubblico, ovvero per atto di notaio;
  • il testamento olografo, ovvero per mano dello stesso testatore;
  • il testamento segreto, che è in parte un atto del testatore e in parte del notaio. Il testamento segreto può essere scritto oltre che dal testatore anche da terzi e anche con mezzi meccanici; la carta su cui sono riportate le disposizioni testamentarie o quella che le contiene deve essere sigillata e consegnata a un notaio, che provvede a scrivere sulle medesime o su un ulteriore involucro che le contenga, il verbale di ricevimento. Il testamento segreto offre il vantaggio dell’assoluta riservatezza sul contenuto delle disposizioni testamentarie e quello della conservazione del testamento in mani sicure.
        - i trasferimenti di aziende familiari, individuali o collettive, a favore dei discendenti e del coniuge. In caso di quote sociali e azioni di società per azioni, di società in accomandita per azioni, di società a responsabilità limitata, di società cooperative, di società di mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato, il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni con le quali è acquisito o integrato il controllo, ossia se la partecipazione trasferita attribuisce o consente di acquisire la maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria. Per quanto riguarda le quote delle altre società (s.n.c., s.a.s.) non è richiesto che il beneficiario acquisisca o integri il controllo della società; l’agevolazione spetta quindi qualunque sia l’entità della partecipazione trasferita. Il beneficio si applica a condizione che:
-i beneficiari proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa per un periodo non inferiore a 5 anni dalla data del trasferimento;
- i beneficiari, in caso di trasferimento di quote sociali e azioni di società per azioni, di società in accomandita per azioni, di società a responsabilità limitata, di società cooperative, di società di mutua assicurazione, detengano il controllo per un periodo non inferiore a 5 anni dalla data del trasferimento.
        Se le aziende familiari ricomprendono immobili, è prevista l’esenzione anche dall’imposta di trascrizione e dall’imposta catastale.




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       Al momento della morte si “apre la successione”. Con l’apertura della successione, viene individuato il momento preciso a cui retroagiscono gli effetti della trasmissione dei diritti ereditari e il momento dal quale decorrono i termini prescritti per l’espletamento delle varie formalità previste dalla normativa vigente, tra le quali quelle di carattere fiscale. Il luogo dove si apre la successione è quello dell’ultimo domicilio del defunto ed è rilevante ai fini dell’individuazione degli uffici competenti per gli adempimenti previsti dalla normativa vigente (ad esempio, il Registro delle Successioni –dal quale devono risultare la dichiarazione di accettazione di eredità con beneficio di inventario e la dichiarazione di rinuncia di eredità– è conservato presso il Tribunale del luogo dove si apre la successione).
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7: La successione legittima e testamentaria
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        Esistono due tipi di successione:
  • la successione testamentaria (o testata, cioè con testamento);
  • la successione legittima (o intestata, cioè senza testamento), che ha luogo solo nel caso in cui il defunto non abbia fatto un valido testamento o, pur avendo fattotestamento, non abbia disposto del suo intero patrimonio.


        L’oggetto della successione è costituito dall’intero patrimonio del defunto, vale a dire dal complesso dei suoi rapporti patrimoniali trasmissibili attivi e passivi. È opportuno precisare che non sono oggetto di successione alcuni diritti patrimoniali che, pur presenti nel patrimonio del defunto, si estinguono proprio per effetto della morte del titolare. Si pensi ad esempio al diritto di usufrutto vitalizio su un bene immobile.
La successione testamentaria

        Il testamento è un atto unilaterale –e cioè, solo di chi intende disporre dei propri beni– con il quale, colui che lo redige, esprime le proprie volontà su come attribuire il proprio patrimonio dopo la morte: si tratta pertanto di un atto principalmente di natura patrimoniale. Nel caso in cui vi siano più testamenti, in linea generale, bisogna fare riferimento alle disposizioni contenute nel testamento cronologicamente più recente. Per evitare che si possano creare incertezze sulla volontà del testatore è opportuno che l’ultimo testamento revochi espressamente i precedenti. Se, tuttavia, ciò non avviene, si avrà la revoca tacita di tutte le disposizioni del testamento precedente che risultino incompatibili con il testamento successivo.    
        Il testamento può contenere anche disposizioni rilevanti sotto il profilo giuridico benché di natura non patrimoniale, ad esempio è possibile il riconoscimento di un figlio naturale. Il testamento può inoltre contenere disposizioni che non hanno alcun rilievo giuridico ma solo un valore morale o religioso (esortazioni a determinati comportamenti come ad esempio a tenere delle messe in suffragio, altro).

        Affinché un testamento sia valido, è necessario che colui che redige il testamento (testatore), al momento della redazione, sia maggiorenne, non interdetto e sia comunque capace di intendere e di volere. Una persona che sia stata oggetto di una sentenza di inabilitazione può, quindi, validamente disporre per testamento. La legge nulla stabilisce in riferimento ai beneficiari di amministrazione di sostegno. In linea di principio, se il decreto di ammissione all’amministrazione di sostegno non prevede l’espressa esclusione della possibilità di fare testamento, il soggetto conserva questa possibilità, che verrà meno nel caso in cui il giudice riconosca la sua incapacità di intendere e di volere.
        L’istituzione di erede è il contenuto tipico di un testamento e comporta la successione del beneficiario nella posizione attiva e passiva già facente capo al defunto (e quindi nei beni, nei crediti ma anche nei debiti). La successione potrà riguardare:
  • l’intera posizione attiva e passiva già facente capo al defunto (nel caso di nomina di un unico erede);
  • una quota della posizione attiva e passiva (nel caso di nomina di due o più eredi).

        Alcuni esempi di istituzione di erede:
“Nomino mio unico erede il sig. Mario Rossi”
“Nomino miei eredi i miei figli Mario e Marco Rossi, in parti uguali tra di loro”
“Nomino miei eredi il sig. Mario Rossi per la quota di un terzo e il sig. Marco Bianchi per la quota di due terzi"
       Il legato è una disposizione testamentaria con la quale chi redige il testamento attribuisce a un soggetto un  bene o un diritto determinato. Il beneficiario di un legato è detto legatario. Alcuni esempi di valida attribuzione di un legato:
“Lego a Mario Rossi la mia casa di Roma”
“Lego a Marco Bianchi la somma di 10.000,00 euro”

        La differenza fondamentale tra legato  e istituzione di erede riguarda il regime di responsabilità del beneficiario rispetto ai debiti del defunto: il legatario, infatti, al contrario dell’erede, non risponde dei debiti ereditari con il proprio patrimonio e i creditori del defunto potranno far valere le proprie ragioni solo nei limiti del valore del bene oggetto del legato. Proprio la limitazione della responsabilità patrimoniale del legatario sta alla base della seconda differenza, questa volta di natura formale: il legato non necessita di essere espressamente accettato, producendo i suoi effetti immediatamente dopo la morte del testatore; il beneficiario potrà però sempre rinunciarvi. Al contrario l’eredità per essere acquisita deve essere accettata.
        La legge prevede anche tipologie di testamenti “speciali” che hanno però scarsa applicazione nella pratica (si tratta ad esempio del testamento in luogo di malattia contagiosa, calamità pubbliche o infortuni, del testamento a bordo di nave, a bordo di aeromobile, di testamento di militari e assimilati).
        Il testamento pubblico viene redatto – alla presenza di due testimoni – direttamente dal notaio il quale provvede a trascrivere le volontà del testatore (il termine “pubblico” quindi non significa che il contenuto del testamento sarà divulgato, ma che sarà redatto da un pubblico ufficiale, il notaio). Il testamento pubblico ha lo stesso valore, sul piano giuridico, di un testamento olografo e può pertanto essere da questo revocato. Una volta sottoscritto dal testatore, dai testimoni e dal notaio, il testamento sarà conservato tra gli atti di ultima volontà ricevuti dal notaio, finché in attività, e successivamente presso l’Archivio Notarile. Il principale vantaggio del testamento pubblico rispetto a quello olografo sta proprio nella specifica competenza in materia successoria del notaio, che potrà suggerire le soluzioni migliori per raggiungere il risultato voluto dal testatore, nel rispetto della normativa vigente, evitando eventuali clausole o disposizioni nulle perché in contrasto con le norme di legge.

        Il notaio che ha ricevuto un testamento pubblico, appena gli è nota la morte del testatore, comunica l’esistenza dello stesso agli eredi e ai legatari di cui conosce il domicilio o la residenza. Provvede poi alla pubblicazione del testamento mediante la redazione di un verbale per il passaggio dello stesso dagli atti di ultima volontà agli atti tra vivi. Da questo momento si potrà dare piena esecuzione al testamento.
        Il testamento olografo è il testamento redatto direttamente dal testatore. Per essere valido, è necessario che sia datato, sottoscritto e, soprattutto, che l’intero suo contenuto sia scritto di pugno, cioè a mano, dal testatore. Non si possono quindi usare strumenti di scrittura meccanici o elettronici, quali ad esempio la macchina da scrivere o il personal computer, né può essere scritto, sotto dettatura del testatore, da un terzo. Non ci sono requisiti specifici per quanto riguarda il supporto sul quale redigere il testamento (in particolare, non è necessario utilizzare carta da bollo o altri supporti con particolari caratteristiche). Il testamento posteriore, che non revoca in modo espresso i precedenti, annulla in questi soltanto le disposizioni che sono con esso incompatibili. È opportuno quindi che, per evitare possibili questioni interpretative della volontà del de cuius, ogni nuovo testamento contenga la dichiarazione espressa di revoca dei testamenti precedenti.

        Nell'ambito della redazione di un testamento olografo, bisogna tener presente che:
  • Il testamento è un atto individuale e, pertanto, è nullo il testamento fatto congiuntamente da più persone (testamento congiuntivo). Per evitare ogni contestazione, un singolo foglio deve contenere il testamento di una sola persona;
  • il testamento è un atto sempre revocabile. Sono nulli tutti i patti in forza dei quali il testatore si obbliga a non modificare un testamento oppure a disporre in favore di taluno;
  • al coniuge spettano, quale parte della legittima, il diritto di abitazione sulla residenza familiare e il diritto di uso della mobilia che la arreda. Questi diritti derivano dalla legge e, pertanto, non è necessario che il testatore ne faccia menzione affinché il coniuge ne possa godere;
  • è opportuno che le disposizioni relative al servizio funebre ed alle modalità di sepoltura (ad esempio la richiesta della cremazione) non siano contenute nel testamento e che siano invece contenute in un documento a parte, da redigere con le modalità previste per il testamento olografo e da consegnare ai propri cari, dal momento che, nella normalità dei casi, il testamento viene pubblicato quando le esequie sono state, se non già eseguite, almeno organizzate;
  • per lo stesso motivo, le disposizioni sulla donazione degli organi non devono essere contenute nel testamento, dal momento che diverrebbero leggibili soltanto quando è troppo tardi per procedere all’espianto degli organi.
        A differenza di quanto previsto per il testamento pubblico, per il testamento olografo non esistono modalità obblgatorie per la sua conservazione. Può essere pertanto conservato dallo stesso testatore. Un’esigenza, spesso sentita nella pratica, è quella di evitare che, dopo la morte, il proprio testamento possa non essere trovato o possa essere alterato o distrutto (magari da un soggetto che, escluso dalla successione testamentaria, sarebbe invece beneficiario nel caso in cui si aprisse la successione legittima). Questa esigenza può essere normalmente soddisfatta mediante il deposito del testamento presso un soggetto di fiducia, spesso un notaio (poiché per la sua pubblicazione bisogna poi rivolgersi proprio a un notaio). Nonostante il deposito fiduciario di testamento olografo non sia espressamente disciplinato dalla legge, nella prassi si osservano i seguenti comportamenti, posti sopratutto a tutela del testatore:
- il notaio depositario, vivente il testatore, non rilascia informazioni sulla presenza o meno presso il suo studio di un testamento olografo in deposito fiduciario;
- il notaio depositario, morto il testatore, rilascia informazioni sulla presenza o meno presso il suo studio di un testamento olografo in deposito fiduciario solo previa presentazione di un estratto dell’atto di morte;
- il testatore potrà sempre ritirare il proprio testamento olografo conservato dal notaio, ma per ovvie ragioni potrà farlo soltanto di persona. Si ricorda comunque che per revocare un testamento non sono necessari il suo ritiro e la sua distruzione materiale: è sufficiente redigere un nuovo testamento con il quale disporre espressamente la revoca del testamento precedente.
        È importante evidenziare che la legge non consente il testamento orale. Vale il principio per cui la volontà testamentaria non espressa nella forma di uno dei testamenti (ordinari e/o straordinari) disciplinati dalla legge non ha valore. Non valgono perciò come testamento, ad esempio, le dichiarazioni in letto di morte, le confessioni fatte a persona di fiducia, altro.
        Come fare per sapere se esiste un testamento? Se si ritiene che un soggetto abbia lasciato un testamento pubblico oppure un testamento olografo affidato a un notaio, ma non si sa esattamente presso quale notaio, si potrà fare un’apposita richiesta, accompagnata da un estratto dell’atto di morte:
  • al Consiglio Notarile distrettuale il quale provvederà a diramare la richiesta a tutti i notai del distretto;
  • all’Archivio Notarile, che conserva gli atti e i testamenti depositati dai notai che hanno cessato la propria attività.

        Si può inoltre consultare il Registro Generale dei Testamenti, che ha sede presso l’Ufficio Centrale degli Archivi Notarili della città. Questo Registro consente di conoscere se una persona deceduta ha fatto testamento, in Italia o all’estero. Attraverso il Registro infatti può essere chiesto all’organismo competente di uno Stato estero aderente alla Convenzione internazionale di Basilea, il rilascio di un certificato degli atti di ultima volontà relativi alla persona deceduta.
        Nel Registro Generale dei Testamenti devono essere iscritti i seguenti atti:
  1. testamenti pubblici;
  2. testamenti segreti;
  3. testamenti speciali;
  4. testamenti olografi depositati formalmente presso un notaio;
  5. verbale di pubblicazione dei testamenti olorafi non contemplati nel numero precedente;
  6. ritiro dei testamenti segreti e olografi depositati formalmente presso un notaio; revoca nonché revoca di revoca delle disposizioni a causa di morte, sempre che siano fatte con un nuovo testamento.

        Consultando il Registro Generale dei Testamenti, ovviamente, non si potrà mai sapere se il soggetto deceduto ha redatto un testamento olografo non depositato formalmente presso un notaio e non ancora pubblicato e che, ad esempio, si trovi ancora in deposito fiduciario presso un notaio o presso un altro soggetto.
        La pubblicazione di un testamento olografo consiste nella redazione, da parte del notaio incaricato, di un verbale nella forma di atto pubblico, cui devono obbligatoriamente partecipare due testimoni. Nel verbale viene descritto lo stato del testamento e devono essere integralmente riprodotte le disposizioni di ultima volontà del testatore; devono essere inoltre allegati il documento testamentario originale e un estratto dell’atto di morte. Non appena ha notizia della morte del testatore, chi sia in  possesso di un testamento olografo affidatogli in custodia dal estatore, deve presentarlo in originale – e non in fotocopia – a un notaio per la pubblicazione. Nel caso in cui il testamento olografo sia depositato presso un notaio, sarà lo stesso notaio depositario, su richiesta degli interessati e previa la presentazione di un estratto dell’atto di morte, a provvedere alla pubblicazione mediante la redazione del relativo verbale in forma di atto pubblico. Dopo la pubblicazione potrà essere data piena esecuzione al testamento.
La revoca del testamento

       Il testamento è un atto sempre revocabile, a prescindere dalla forma in cui è redatto. Un testamento si può revocare in vari modi.

        Innanzitutto con un successivo testamento. Come già anticipato, è possibile revocare un precedente testamento pubblico con un successivo testamento olografo o viceversa; tutti i testamenti, in qualsiasi forma siano stati redatti, hanno lo stesso valore. Nel caso in cui si sia già disposto un testamento e lo si voglia revocare integralmente, è quanto mai opportuno che il nuovo testamento, con le nuove disposizioni, contenga la menzione “Revoco ogni mia precedente disposizione testamentaria”.
        In secondo luogo il testamento può essere revocato con un apposito atto notarile, con cui il testatore, in presenza di due testimoni, dichiara di voler revocare la disposizione precedente.

        Un testamento olografo può anche essere revocato con la distruzione volontaria da parte del testatore, ad esempio strappando o bruciando il foglio che lo contiene. Se il testamento olografo è stato redatto in più originali devono essere distrutti tutti gli originali esistenti. Bisogna prestare attenzione al caso in cui un testamento olografo sia conservato in deposito fiduciario presso un notaio o presso un altro soggetto. Il solo ritiro del testamento olografo non comporta automaticamente la sua revoca. È invece necessario procedere alla sua distruzione. È infine prevista, in caso di esistenza o sopravvenienza di figli o discendenti, una revoca di diritto del testamento fatto da colui che al tempo della disposizione non aveva, o ignorava di avere, figli o discendenti.
La successione legittima e le relative quote

        La successione legittima -devoluta per legge- si apre solo se non c’è un testamento valido oppure se il testamento non dispone sull’intero patrimonio del defunto, ma solo su singoli determinati beni. In quest’ultimo caso, la successione legittima si apre limitatamente alla parte di patrimonio non attribuita per testamento.
        Il patrimonio del defunto, in caso di successione legittima, viene devoluto ai parenti del defunto a partire da quelli a lui più vicini (figli e coniuge) e via via fino a quelli più lontani, sino al sesto grado di parentela. Nel caso in cui non vi siano parenti entro il sesto grado, l’eredità si devolve a favore dello Stato.
        Qui di seguito si indicano le quote che spettano ai beneficiari nei casi più comuni. È opportuno precisare che i fratelli e gli ascendenti possono diventare eredi soltanto se il defunto non aveva figli, quindi non sono possibili ipotesi di concorso tra i figli e i fratelli/ascendenti del defunto.
Figli: in assenza di coniuge, ai figli spetterà l’intero patrimonio, diviso in parti uguali tra loro.
Coniuge: in assenza di figli, ascendenti e fratelli, al coniuge spetterà l’intero patrimonio.
Concorso tra figli e coniuge: nel caso di un solo figlio, allo stesso spetta la metà del patrimonio e al coniuge spetta la restante metà. Nel caso di più figli al coniuge spetta un terzo del patrimonio, ai figli spettano i restanti due terzi in parti uguali tra loro.
Fratelli: i fratelli del defunto possono essere chiamati a succedere nella successione legittima soltanto nel caso in cui il defunto non abbia figli. Nel caso in cui non vi sia il coniuge, i fratelli e le sorelle succedono nell’intero patrimonio del defunto, in parti uguali tra loro (i fratelli unilaterali, peraltro, conseguono la metà della quota che conseguono i germani).
Genitori: i genitori del defunto possono essere chiamati a succedere nella successione legittima soltanto nel caso in cui il defunto non abbia figli. Nel caso in cui non vi siano né coniuge né fratelli, ai genitori, o all’unico genitore sopravvissuto, spetterà l’intero patrimonio.
Ascendenti: gli ascendenti del defunto possono essere chiamati a succedere nella successione legittima soltanto nel caso in cui il defunto non abbia figli. Nel caso in cui non vi siano né coniuge, né fratelli, né genitori succedono per una metà gli ascendenti della linea paterna e per l’altra metà gli ascendenti della linea materna. Se gli ascendenti non sono di pari grado, l’eredità è devoluta al più vicino senza distinzioni di linea.
Concorso tra genitori e fratelli: se con i genitori o con uno soltanto di essi concorrono fratelli e sorelle del defunto, tutti sono ammessi alla successione per capi (per cui l’eredità viene suddivisa in tante parti quanti sono i soggetti chiamati all’eredità), purché, in nessun caso, la quota in cui succedono i genitori o uno di essi sia inferiore a metà.
Concorso tra ascendenti, fratelli e coniuge: al coniuge sono devoluti i due terzi del patrimonio se concorre con ascendenti legittimi e con fratelli e sorelle, ovvero con gli uni e con gli altri. In quest’ultimo caso, la parte residua (un terzo el patrimonio) è devoluta agli ascendenti e ai fratelli e sorelle per capi (per cui l’eredità viene suddivisa in tante parti quanti sono i soggetti chiamati all’eredità) salvo in ogni caso agli ascendenti il diritto a un quarto del patrimonio.
L’accettazione o acquisto dell’eredità

        Leredità si acquista con l’accettazione; l’accettazione di eredità può essere espressa oppure tacita.
        L’accettazione espressa consiste nella dichiarazione in un atto scritto (atto pubblico o scrittura privata) di accettare l’eredità o di assumere il titolo di erede, compiuta dal chiamato all’eredità.
        L’accettazione tacita, la più ricorrente nella prassi, consiste nel compimento, da parte del chiamato all’eredità, di un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe potuto compiere se non in quanto erede. L’esempio più comune è la vendita di un bene ereditario: questo atto comporta l’accettazione tacita di eredità, in quanto presuppone necessariamente una volontà in tal senso. L’acquisto dell’eredità può avvenire, sempre tacitamente, per effetto del possesso dei beni ereditari: infatti, qualora, entro tre mesi dall’apertura della successione, il chiamato all’eredità, in possesso dei beni ereditari non proceda all’inventario dell’eredità e alla successiva dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario, lo stesso è considerato, a tutti gli effetti di legge, erede puro e semplice con preclusione di rinuncia all’eredità.
        A seguito dell’accettazione, espressa o tacita, il chiamato all’eredità diventerà erede puro e semplice, e cioè subentrerà –proporzionalmente alla sua quota ove vi siano altri eredi– con effetto dal momento in cui si è aperta la successione, nella posizione giuridica del defunto, e dovrà rispondere con il proprio patrimonio anche degli eventuali debiti ereditari. Ne consegue che se le passività sono di valore superiore a quello delle attività, l’erede subirà un pregiudizio patrimoniale, dovendo attingere dal proprio patrimonio personale le risorse per estinguere i debiti ereditari (eredità passiva). L’accettazione di eredità determina pertanto per l’erede la “confusione dei patrimoni”.
        L’accettazione di eredità con beneficio di inventario è uno speciale tipo di accettazione espressa (non esiste l’accettazione tacita con beneficio di inventario) che deve essere compiuta mediante dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere del Tribunale del circondario in cui si è aperta la successione. L’accettazione con beneficio di inventario è obbligatoria in alcuni casi previsti dalla legge, in particolare nel caso in cui i chiamati all’eredità siano minori, interdetti, inabilitati, emancipati (ossia soggetti dei quali il legislatore intende tutelare il patrimonio in relazione a possibili eredità passive) nonché nel caso di persone giuridiche o associazioni, fondazioni ed enti non riconosciuti, escluse le società. Non è invece obbligatoria nel caso del beneficiario di amministrazione di sostegno, salvo sia diversamente disposto nel decreto di ammissione all’amministrazione di sostegno.

        In generale, l’effetto dell’accettazione con beneficio di inventario è quello di evitare la confusione dei patrimoni; più precisamente si può dire che l’erede con beneficio di inventario:
- conserva verso l’eredità tutti i diritti e tutti gli obblighi che aveva verso il defunto, tranne quelli che si sono estinti per effetto della morte; in tal modo l’erede potrà soddisfare i crediti che aveva nei confronti del defunto;
- non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti; in tal modo l’erede eviterà un’eredità passiva, estinguendo tutti i pesi che gravano sull’eredità solo con l’attivo dell’asse ereditario senza intaccare il suo patrimonio;
- i creditori dell’eredità e i legatari potranno soddisfarsi sul patrimonio ereditario a preferenza –e quindi prima– dei creditori dell’erede.
        È importante evidenziare la tempistica prevista dalla legge per procedere all’accettazione dell’eredità con beneficio di inventario. Questa varia a seconda che il chiamato all’eredità abbia o meno il possesso dei beni ereditari.

        Nel caso in cui il chiamato all’eredità abbia già il possesso dei beni ereditari, l’inventario deve essere concluso entro 3 mesi dal giorno dell’apertura della successione o della notizia della devoluta eredità. In caso contrario, il chiamato all’eredità decade dal beneficio di inventario e conseguentemente viene considerato erede puro e semplice. Compiuto l’inventario nel termine sopra indicato, il chiamato all’eredità ha un ulteriore termine di 40 giorni, da quello del compimento dell’inventario medesimo, per decidere se accettare o rinunciare all’eredità. Trascorso questo termine senza alcuna decisione, il chiamato all’eredità decade dal beneficio di inventario e, conseguentemente, viene considerato erede puro e semplice.
        Nel caso in cui il chiamato all’eredità non abbia ancora il possesso dei beni ereditari, il chiamato può fare la dichiarazione di accettare col beneficio di inventario fino a che il diritto di accettare non è prescritto, e cioè entro 10 anni dall’apertura della successione. Tuttavia una volta resa la dichiarazione di accettazione di eredità, l’inventario deve essere compiuto entro i successivi 3 mesi; in caso contrario il beneficiario decade dal beneficio di inventario e conseguentemente viene considerato erede puro e semplice.
È prevista la decadenza dal beneficio di inventario, oltre che nei casi sopra indicati, anche quando l’erede venda o sottoponga a ipoteca o pegno i beni ereditari, senza la prescritta autorizzazione giudiziale e senza osservare le forme previste dalla legge.
        L’inventario consiste in una descrizione analitica dei beni, diritti e debiti caduti in successione, fatta dal cancelliere del Tribunale o da un notaio (debitamente nominato dal Tribunale), che ne redige un apposito verbale. L’erede che accetta con beneficio d’inventario diventa amministratore del patrimonio ereditario (anche nell’interesse dei creditori del defunto e dei legatari), ma gli è preclusa la cessione dei beni ereditari senza autorizzazione del giudice, pena la decadenza dal beneficio e l’attribuzione della qualifica di erede puro e semplice con gli effetti giuridici che ne conseguono. Una volta compiuta la procedura di accettazione con beneficio di inventario, il chiamato diventa erede, ma è immune dalla responsabilità illimitata che caratterizza l’erede puro e semplice; i creditori del defunto potranno, pertanto, agire sui soli beni del defunto, senza poter aggredire i beni dell’erede.
        Quando il chiamato non ha accettato l’eredità (espressamente o tacitamente) il Tribunale, su istanza di chi ne ha interesse o anche d’ufficio, nomina un curatore dell’eredità. Il curatore procede all’inventario dell’eredità, ne cura l’amministrazione e provvede al pagamento dei debiti ereditari e dei legati, previa autorizzazione del Tribunale, e cessa dalle sue funzioni quando l’eredità viene accettata.
        Per evitare l’effetto della confusione dei patrimoni, il chiamato all’eredità potrà, in alternativa:
  • rinunciare all’eredità, soluzione preferibile se si ha la ragionevole certezza che l’eredità sia passiva e salvi sempre gli effetti della rappresentazione. La rinuncia all’eredità deve essere fatta con una dichiarazione ricevuta da un notaio o dal cancelliere del Tribunale del circondario dove si è aperta la successione e va iscritta nel Registro delle Successioni. La rinuncia può essere revocata accettando l’eredità, sempreché l’eredità non sia già stata acquistata da un altro dei chiamati;
  • accettare l’eredità con il beneficio di inventario, soluzione invece preferibile se non vi è una assoluta certezza che l’eredità sia passiva ma non si voglia neppure correre il rischio di incorrere nella confusione dei patrimoni.
        Il testatore può sostituire all’erede istituito un’altra persona nel caso in cui il primo non possa accettare l’eredità, ad esempio perché già morto, o non voglia accettarla. Possono sostituirsi più persone a una sola, o una sola a più persone. È ammessa anche la sostituzione reciproca tra più eredi istituiti. È prevista anche una particolare forma di sostituzione denominata sostituzione fedecommissaria, volta ad assicurare alla persona interdetta, successivamente al decesso del testatore, la cura e l’assistenza da parte di soggetti che si ritengono idonei al compito, soggetti che vengono a loro volta ricompensati ricevendo, alla morte dell’interdetto, i beni oggetto del fedecommesso. È possibile solo alle seguenti condizioni:
  • l’erede istituito deve essere un soggetto dichiarato interdetto, sia esso il figlio, il discendente o il coniuge del testatore;
  • la sostituzione opera solo alla morte dell’erede istituito;
  • il sostituto deve essere la persona o l’ente che, sotto la vigilanza del tutore, ha avuto cura dell’interdetto.
La trascrizione dell’accettazione di eredità

        Se il defunto era titolare della proprietà di beni immobili, è necessario trascrivere, presso l’ufficio dei Registri Immobiliari competente per territorio, l’accettazione di eredità che sancisce l’avvenuta acquisizione dell’immobile ereditario. È possibile trascrivere nei Registri Immobiliari sia l’accettazione espressa, sia l’accettazione tacita. In questo caso, in occasione dell’atto che la determina ad esempio una compravendita immobiliare redatta per atto pubblico o per scrittura privata autenticata. È necessario rendere nota l’accettazione attraverso la trascrizione nei Registri Immobiliari per evitare acquisti da eredi solo apparenti.
        Si pensi al caso in cui i fratelli del defunto, deceduto senza lasciare genitori, coniuge e figli, si considerino in assoluta buona fede eredi, mentre il defunto stesso ha disposto –con un testamento che viene scoperto solo in un secondo tempo– esclusivamente a favore di una terza persona, che é quindi il vero erede. In tal caso, chi ha acquistato dall’erede apparente in realtà ha acquistato da un “non proprietario”, e rischia quindi di veder rivendicata la proprietà da parte dell’erede vero. Se viene trascritta l’accettazione di eredità a favore dell’erede apparente, chi acquista in buona fede da quest’ultimo fa salvo il proprio acquisto.
        Il legato, al contrario dell’eredità, non deve essere espressamente accettato in quanto entra immediatamente nella disponibilità del legatario o beneficiario. Il legatario, peraltro, può evitare l’acquisto automatico del legato in quanto gli viene riconosciuta la facoltà di rinunciarvi.  Per mantenere l’aggiornamento dei Registri Immobiliari, ove il legato abbia a oggetto beni immobili, il notaio che ha curato la pubblicazione del testamento dovrà provvedere alla trascrizione del legato.
L’onere testamentario

        Tanto all’istituzione di erede quanto al legato può essere apposto un onere. L’onere può essere finalizzato non solo al perseguimento di interessi di carattere patrimoniale, ma anche di interessi morali o religiosi: si pensi al caso dell’istituzione di erede soggetta all’onere di far celebrare un certo numero di messe in suffragio del testatore. Per l’adempimento dell’onere, può agire qualsiasi interessato. L’inadempimento dell’onere, peraltro, può comportare la risoluzione della disposizione testamentaria solo se la risoluzione è stata prevista dal testatore o se l’adempimento dell’onere ha costituito il solo motivo determinante della disposizione testamentaria cui accede.
        Ecco le quote di legittima e le corrispondenti quote disponibili previste dalla legge:
Figli: in assenza di coniuge, se vi è un solo figlio, allo stesso è riservata la metà del patrimonio (quota disponibile = metà); in assenza di coniuge, se vi sono più figli, sono loro riservati i due terzi del patrimonio da dividersi in parti uguali (quota disponibile = un terzo).
Coniuge: in assenza di figli e ascendenti, al coniuge è riservata la metà del patrimonio (quota disponibile = metà).
Concorso tra figli e coniuge: nel caso di un solo un figlio, ad esso è riservato un terzo del patrimonio e al coniuge è pure riservato un terzo del patrimonio (quota disponibile = un terzo). Nel caso in cui ci siano più figli, al coniuge è riservato un quarto del patrimonio, ai figli è riservata la metà del patrimonio, in parti uguali tra loro (quota disponibile = un quarto).
Ascendenti: in assenza di figli e coniuge, agli ascendenti del defunto è riservato un terzo del patrimonio (quota disponibile = due terzi).
Concorso tra ascendenti e coniuge: in assenza di figli ma con coniuge e ascendenti, al coniuge è riservata la metà del patrimonio, mentre agli ascendenti è riservato un quarto del patrimonio (quota disponibile = un quarto).
Diritto di abitazione e uso del coniuge: al coniuge, anche quando concorre con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e l’uso dei mobili che la corredano (diritti gravanti sulla quota disponibile).
        Esempio: Mario, coniugato con Maria e con due figli (Carlo e Gino), ha donato in vita a Carlo un appartamento che, al momento della donazione, aveva il valore di 70.000,00 euro. Quando Mario muore, senza lasciare testamento, nel suo patrimonio vi sono beni per 110.000 euro e debiti per 10.000 euro, ma il valore dell’appartamento donato a Carlo, al momento dell’apertura della successione, risulta ammontare a 100.000 euro. Dal momento che non c’è testamento, la moglie e i figli avranno diritto, ciascuno, ad una quota di un terzo sul patrimonio residuo. Ciascuno di loro, pertanto, riceverà una quota, al netto dei debiti, pari a 33.333,33 euro. Per sapere se la quota di legittima non è rispettata bisogna procedere con la seguente operazione:
(valore del patrimonio rimasto) euro 110.000 - (valore dei debiti ereditari) euro 10.000 + (valore rivalutato delle donazioni) euro 100.000 = (valore per calcolo legittima) euro 200.000.
        Nell’esempio, la quota di legittima spettante al coniuge e ai figli, pari a un quarto ciascuno, ammonta a 50.000 euro. Non essendo stati né la moglie né il figlio Gino beneficiari di donazioni, ciascuno di essi avrà ricevuto soltanto 33.333,33 euro a fronte di una quota di legittima di 50.000,00 euro. Saranno, pertanto, stati lesi nella loro quota di legittima per la differenza.
        Se un legittimario viene privato, in tutto o in parte, della sua quota di legittima, per effetto di una disposizione testamentaria e/o di donazioni poste in essere in vita dal defunto, esso può far valere il proprio diritto all’ottenimento dell’intera quota di legittima mediante un’apposita azione giudiziaria, l’azione di riduzione, soggetta al termine di prescrizione di 10 anni. I legittimari possono rinunciare all’azione di riduzione solo dopo la morte del testatore. Se un soggetto dispone di tutto il suo patrimonio con più donazioni, i legittimari che non hanno ricevuto nulla (i legittimari pretermessi) o i legittimari che hanno ricevuto beni di valore inferiore a quello della quota di legittima (i legittimari lesi) non possono rinunciare all’azione di riduzione, vivente il donante, né con dichiarazione espressa, né prestando il loro assenso alla donazione. Tale rinuncia è espressamente vietata dalla legge.
        L’azione di riduzione va proposta nei confronti dell’erede o del donatario che ha ricevuto beni in eccedenza.

        Se il donatario ha, nel frattempo, alienato a terzi gli immobili donati, e non ha altri beni nel proprio patrimonio sui quali il legittimario leso possa soddisfare le proprie ragioni, quest’ultimo potrà chiedere ai terzi acquirenti la restituzione del bene a suo tempo donato: questa è l’ azione di restituzione. Il terzo acquirente può liberarsi dall’obbligo di restituire in natura le cose donate pagando l’equivalente in denaro.
        Di queste problematiche si deve tener contoquando si acquista un immobile pervenuto al venditore per donazione o quando si richiede alla banca un mutuo, per finanziarne l’acquisto, che non viene concesso proprio perché sussistono i rischi sopra evidenziati.

        L’azione di restituzione, in caso di immobili, può essere intrapresa dal legittimario leso solo se non sono decorsi 20 anni dalla trascrizione della donazione. Lo stesso principio vale anche per le ipoteche e per ogni altro vincolo sull’immobile che il donatario abbia iscritto o trascritto sull’immobile donatogli.
Le imposte di successione

        In caso di successione, gli eredi e/o i legatari devono pagare l’imposta di successione per i beni e i diritti a loro devoluti. Questa imposta colpisce le attribuzioni ai singoli eredi e/o legatari e si applica limitatamente al valore della quota o dei beni, detto di seguito base imponibile, eccedente la franchigia eventualmente spettante in base al rapporto di parentela che intercorre tra beneficiario e defunto.
Le franchigie

        Se erede e/o legatario è il coniuge o un parente in linea retta del defunto, l’imposta di successione si applica solo sulla parte della base imponibile che supera la franchigia riconosciuta di 1.000.000,00 euro.
        Se erede e/o legatario è il fratello o la sorella del defunto, l’imposta di successione si applica solo sulla parte della base imponibile che supera la franchigia riconosciuta di 100.000,00 euro.
        Se erede e/o legatario è un soggetto portatore di handicap –riconosciuto grave a sensi della legge 5.2.1992 n. 104– l’imposta di successione si applica solo sulla parte della base imponibile che supera la franchigia riconosciuta di 1.500.000,00 euro.

Le aliquote

        L’importo dovuto a titolo di imposta di successione si ottiene applicando alla base imponibile, decurtata dell’eventuale franchigia, le seguenti aliquote, che variano a seconda del rapporto di parentela tra il defunto e l’erede e/o il legatario:
  • 4% sulla base imponibile decurtata della franchigia di 1.000.000,00 euro, per ogni erede e/o legatario, se eredi e/o legatari sono il coniuge e i parenti in linea retta;
  • 6% sulla base imponibile decurtata della franchigia di 100.000,00 euro, per ogni erede e/o legatario, se eredi e/o legatari sono i fratelli o le sorelle;
  • 6% se eredi e/o legatari sono i parenti entro il quarto grado, gli affini in linea retta e gli affini in linea collaterale entro il terzo grado;
  • 8% se eredi e/o legatari sono soggetti diversi da quelli di cui ai punti precedenti.
Le ulteriori imposte in caso di immobili

        Se tra i beni della successione ci sono beni immobili si applicano due ulteriori imposte per le quali non valgono le franchigie sopra illustrate:
  • l’imposta di trascrizione, detta anche ipotecaria, nella misura del 2% del valore attribuito agli immobili o a decorrere dal 1° gennaio 2014, nella misura fissa di 200,00 euro se sussistono le condizioni per usufruire delle agevolazioni prima casa;
  • l’imposta catastale nella misura dell’1% del valore attribuito agli immobili o a decorrere dal 1° gennaio 2014, nella misura fissa di 200,00 euro se sussistono le condizioni per usufruire delle agevolazioni prima casa.
  • Per il versamento di tali imposte và utilizzato il modello F23, nel quale vanno indicati i codici tributo 649T per l’imposta ipotecaria, e 737T per l’imposta catastale.

Tabella riepilogativa delle imposte di successione

Le esclusioni dall’imposta di successione

        Sono esclusi dall’imposta di successione:
        - i trasferimenti di beni esistenti all’estero appartenenti a un soggetto defunto all’estero. In questo caso, l’imposta si applica limitatamente ai trasferimenti di beni esistenti in Italia;
        - i  trasferimenti a favore dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei Comuni;
        - i trasferimenti a favore di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, che hanno come scopo esclusivo l’assistenza, lo studio, la ricerca scientifica, l’educazione, l’istruzione o altre finalità di pubblica utilità, nonché quelli a favore  delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) e delle fondazioni bancarie senza fini di lucro;
        - i trasferimenti a favore di enti pubblici e di fondazioni o associazioni legalmente riconosciute, diversi da quelli indicati al punto precedente, se disposti per le stesse finalità. In questo caso l’ente beneficiario deve dimostrare, entro cinque anni dall’accettazione dell’eredità o dall’acquisto del legato, di avere impiegato i beni o diritti ricevuti o la somma ricavata dalla loro alienazione per il conseguimento delle finalità indicate dal testatore;
        - i trasferimenti a favore di movimenti e partiti politici;
La base imponibile

        La base imponibile su cui applicare le aliquote sopra indicate, ai fini del calcolo dell’imposta di successione, è costituita dalla differenza tra il valore complessivo dei beni e dei diritti che compongono l’attivo ereditario –alla data dell’apertura della successione– e l’ammontare complessivo delle passività ereditarie deducibili e degli oneri.
        L’attivo ereditario è costituito da tutti i beni e i diritti trasferiti, anche se all’estero.

        Sono esclusi dall’attivo ereditario:
- le indennità di fine rapporto in caso di morte del prestatore di lavoro e le indennità spettanti per diritto agli eredi in forza di assicurazioni previdenziali obbligatorie o stipulate dal defunto;
- i crediti contestati giudizialmente alla data di apertura della successione, fino a quando la loro sussistenza non sia riconosciuta con provvedimento giurisdizionale o con transazione;
- i crediti verso lo Stato, gli enti pubblici territoriali e gli enti pubblici che gestiscono forme obbligatorie di previdenza e di assistenza sociale, compresi quelli per il rimborso di imposte o di contributi, fino a quando non siano riconosciuti con provvedimenti dell’amministrazione debitrice;
- i crediti ceduti allo Stato entro la data di presentazione della dichiarazione della successione;
- i beni culturali, se sono stati assolti i conseguenti obblighi di conservazione e protezione;
- i titoli del debito pubblico, tra i quali si intendono compresi i BOT e i CCT;
- gli altri titoli di Stato, garantiti dallo Stato o equiparati, nonché ogni altro bene o diritto dichiarato esente dall’imposta da norme di legge;
- i veicoli iscritti al pubblico registro automobilistico (P.R.A.).
        Sono invece compresi nell’attivo ereditario:
- denaro, gioielli e mobili per un importo pari al 10% del valore globale netto imponibile dell’asse ereditario, salvo che, da inventario analitico, non ne risulti l’esistenza per un importo diverso;
- i titoli di qualsiasi specie, il cui reddito è stato indicato nell’ultima dichiarazione dei redditi presentata dal defunto;
- i beni mobili e i titoli al portatore, di qualsiasi specie posseduti dal defunto o depositati presso altri a suo nome. Per i beni e i titoli depositati a nome del defunto e di altre persone, compresi quelli contenuti in cassette di sicurezza, per i depositi bancari e i conti correnti bancari e postali cointestati, le quote di ciascuno si considerano uguali se non risultano diversamente determinate;
- le partecipazioni in società di ogni tipo.

        Le passività deducibili sono costituite:
- dai debiti del defunto esistenti alla data di apertura della successione, purché risultino da atto scritto di data certa, anteriore all’apertura della successione, o da provvedimento giurisdizionale definitivo;
- dalle spese mediche e chirurgiche relative al defunto negli ultimi sei mesi di vita sostenute dagli eredi, comprese quelle per ricoveri, medicinali e protesi, sempre che risultino da regolari quietanze;
- dalle spese funerarie risultanti da regolari quietanze, per un importo non superiore a 1.032,91 euro.

        I debiti di pertinenza del defunto e di altre persone, compresi i saldi passivi dei conti correnti bancari cointestati, sono deducibili nei limiti della quota del defunto; le quote dei condebitori si considerano uguali se non risultano diversamente determinate.
Determinazione del valore dei beni ereditari

        La base imponibile, per i beni immobili compresi nell’attivo ereditario, è determinata assumendo il valore in comune commercio, ossia il valore di mercato, alla data di apertura della successione. Questo valore può essere soggetto a rettifica da parte dell’Ufficio del Registro, salvo che si tratti di immobili iscritti in catasto con attribuzione di rendita, per i quali il valore dichiarato, ai fini dell’imposta di successione, non sia inferiore al valore catastale. Quest’ultima disposizione non si applica ai terreni a destinazione edificatoria. Il valore catastale si ottiene moltiplicando la rendita catastale (evincibile da una visura catastale) per un coefficiente, variabile a seconda della categoria del cespite (A, B, C, D, E), così come indicato nella tabella indicata nel paragrafo "Imposte da versare", disponibile CLICCANDO QUI.
        La base imponibile per azioni, obbligazioni, altri titoli e quote sociali compresi nell’attivo ereditario, è determinata assumendo:
- per i titoli quotati in borsa o negoziati al mercato ristretto, i valori desumibili dal mercato;
- per le azioni e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, non quotate in borsa, né negoziati al mercato ristretto, nonché per le quote di società non azionarie, comprese le società semplici e le società di fatto, il valore desumibile dal patrimonio netto dell’ente o della società, risultante dall’ultimo bilancio pubblicato o dall’ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti;
- per titoli o quote di partecipazione a fondi comuni d’investimento, il valore risultante da pubblicazioni fatte o prospetti redatti a norma di legge o regolamento. Tuttavia, poiché sono esentati dall’imposta di successione i titoli del debito pubblico, qualora nel fondo comune siano ricompresi anche titoli del debito pubblico, il valore della quota caduta in successione, ai fini della determinazione della base imponibile, deve essere depurata dal valore riferibile ai titoli del debito pubblico. Al tal fine, servirà un’apposita dichiarazione del gestore attestante la percentuale del fondo che, alla data del decesso, risultava gestita in titoli del debito pubblico, al fine di determinare la parte –per la stessa percentuale– della quota del fondo patrimoniale da escludere dall’attivo ereditario.
        Sono obbligati a presentare la dichiarazione di successione:
  • gli eredi, i chiamati all'eredità e i legatari (purché non vi abbiano espressamente rinunciato o - non essendo nel possesso dei beni ereditari - chiedono la nomina di un curatore dell’eredità, prima del termine previsto per la presentazione della dichiarazione di successione) o i loro rappresentanti legali
  • i rappresentanti legali degli eredi o dei legatari
  • gli immessi nel possesso dei beni, in caso di assenza del defunto o di dichiarazione di morte presunta
  • gli amministratori dell’eredità
  • i curatori delle eredità giacenti
  • gli esecutori testamentari
  • i trustee.
        Se più persone sono obbligate alla presentazione della dichiarazione è sufficiente presentarne una sola.
        Alla dichiarazione di successione devono essere allegati:
  • il certificato di morte;
  • il certificato di stato di famiglia del defunto e quelli degli eredi e legatari che sono in rapporto di parentela o affinità con lui, nonché i documenti di prova della parentela naturale. Questi documenti possono essere sostituiti da apposite dichiarazioni sostitutive di notorietà;
  • la copia autentica degli atti di ultima volontà dai quali è regolata la successione;
  • la copia autentica dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, dai quali risulta l’eventuale accordo delle parti per l’integrazione dei diritti di legittima lesi;
  • la copia autentica dell’ultimo bilancio o inventario delle società le cui azioni e/o quote sono cadute in successione;
  • la copia autentica degli altri inventari formati in ottemperanza a disposizioni di legge;
  • i documenti di prova delle passività e degli oneri deducibili nonché delle riduzioni e detrazioni;
  • il prospetto di liquidazione dell’imposta ipotecaria e catastale, di bollo, delle tasse ipotecarie. L’attestato o la quietanza di versamento di queste imposte o tasse deve essere conservato dagli eredi e dai legatari sino alla scadenza del termine per la rettifica;
  • PS: con la risoluzione n. 11 del 13 febbraio 2013, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che non è più necessario allegare gli estratti catastali degli immobili.
        Non c'è obbligo di dichiarazione se l'eredità è devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta del defunto e l'attivo ereditario ha un valore non superiore a 100.000 euro e non comprende beni immobili o diritti reali immobiliari. Queste condizioni possono venire a mancare per effetto di sopravvenienze ereditarie.

        Coloro che hanno presentato la dichiarazione di successione in cui sono indicati beni immobili non devono presentare la dichiarazione IMU (Imposta municipale propria). Saranno gli stessi uffici dell’Agenzia delle Entrate, competenti a ricevere la dichiarazione di successione, a trasmetterne copia al Comune in cui sono ubicati gli immobili.
Detrazioni e riduzioni

        •     Detrazione di imposte pagate all’estero: dall’imposta di successione si detraggono le imposte pagate a uno Stato estero, in relazione alla stessa successione e ai beni esistenti in quello Stato.
        •     Riduzione per trasferimento nei 5 anni: se la successione si è aperta entro 5 anni da un’altra successione o da una donazione avente per oggetto gli stessi beni e diritti, l’imposta è ridotta di un importo inversamente proporzionale al tempo trascorso, di un decimo per ogni anno o frazione di anno.
        •     Riduzioni in relazione a specifiche categorie di beni Sono inoltre previste riduzioni di imposta nel caso in cui l’attivo ereditario ricomprenda:
- beni immobili culturali, non ancora sottoposti, prima dell’apertura della successione, a vincolo;
- fondi rustici, incluse le costruzioni rurali, devoluti al coniuge, a parenti in linea retta o a fratelli o sorelle del defuno, purché la devoluzione avvenga nell’ambito di una famiglia diretto coltivatrice;
- immobili adibiti all’esercizio dell’impresa, devoluti al coniuge o a parenti del defunto in linea retta entro il terzo grado, nell’ambito di una impresa artigiana familiare.
Liquidazione delle imposte

        Quando nell’attivo ereditario è presente un immobile, prima di presentare la dichiarazione di successione occorre autoliquidare le imposte ipotecaria, catastale, di bollo, la tassa ipotecaria e i tributi speciali (per esempio, per le formalità ipotecarie).

        Il pagamento delle somme dovute e calcolate in autoliquidazione avviene con addebito su un conto aperto presso un intermediario della riscossione - convenzionato con l'Agenzia delle Entrate - e intestato al dichiarante oppure al soggetto incaricato della trasmissione telematica, identificati dal relativo codice fiscale. Per questo, quando si compila la dichiarazione vanno indicati il codice Iban del conto sul quale addebitare le somme dovute e il codice fiscale dell’intestatario del conto corrente. Se la nuova dichiarazione di successione viene presentata tramite l’ufficio territoriale competente dell’Agenzia delle Entrate, il pagamento può avvenire anche con il modello F24 o con addebito in conto corrente.
        L’imposta di successione liquidata dall’ufficio territoriale competente sulla base della dichiarazione presentata può essere pagata anche a rate, con queste modalità:
- almeno il 20% dell’importo deve essere versato entro sessanta giorni dalla notifica dell’avviso di liquidazione;
- la parte restante, è versata in otto rate trimestrali (dodici, per importi superiori a ventimila euro), sulle quali sono dovuti gli interessi calcolati dal primo giorno successivo al pagamento della tranche iniziale. Le rate scadono l'ultimo giorno di ciascun trimestre.
        L'importo delle imposte è pari a:
  • imposta di trascrizione, o ipotecaria: 2% del valore attribuito agli immobili, ovvero nella misura fissa di 200,00 euro se sussistono le condizioni per usufruire delle agevolazioni prima casa;
  • imposta catastale: 1% del valore attribuito agli immobili, ovvero nella misura fissa di 200,00 euro se sussistono le condizioni per usufruire delle agevolazioni prima casa.


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La dichiarazione di successione

        La dichiarazione di successione deve essere presentata dagli eredi, dai chiamati all'eredità, dai legatari entro 12 mesi dalla data di apertura della successione che coincide, generalmente, con la data del decesso del contribuente. A decorrere dal 23 gennaio 2017, la dichiarazione può essere presentata direttamente dal contribuente tramite i servizi telematici, tramite un intermediario abilitato o presso l'ufficio competente dell'Agenzia delle Entrate. Per tutto il 2017 il modello di dichiarazione di successione e domanda di volture catastali affiancherà l’attuale modello cartaceo (Modello 4). Si dovrà continuare a utilizzare SOLO il modello 4 ESCLUSIVAMENTE per le successioni aperte prima del 3 ottobre 2006 o per apportare modifiche o sostituire dichiarazioni già presentate con questo modello.
MODULISTICA

Dichiarazione di successione  - "Modello 4" (in .pdf, 234 Kb) (Da utilizzare solo per apportare modifiche o sostituire dichiarazioni già presentate con questo modello, ovvero per successioni aperte prima del 3 ottobre 2006)

Dichiarazione di successione e domanda di volture catastali (in .pdf, 255 Kb)
Istruzioni - Fascicolo 1 (agg. 9 marzo 2018) (in .pdf, 312 Kb)
Istruzioni - Fascicolo 2 (agg. 9 marzo 2018) (in .pdf, 225 Kb)
         La rateazione non è ammessa per importi inferiori a 1.000 euro.

        La decadenza è esclusa in caso di “lieve inadempimento”, cioè:
  • insufficiente versamento della rata, per una frazione non superiore al 3% e, in ogni caso, a 10.000 euro
  • tardivo versamento della somma pari al 20%, non superiore a 7 giorni.

        Il lieve inadempimento è applicabile anche al versamento in unica soluzione.